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A ferragosto, qualche pensiero su questa politica

Dopo aver trascorso una ventina di giorni a "disintossicarmi" da un certo ordine di problemi, come la politica e le prime pagine dei giornali, che ci coinvolge in prima persona per ovvi motivi, non solo come cittadini ma anche come osservatori della società contemporanea, mi preme sottoporre all'attenzione degli amici alcune brevi osservazioni sull'evolversi della situazione del nostro paese. E visto che ormai di centro-destra, dopo gli scandali, le denunce e gli scontri all'ultimo sangue, si parla sempre, è forse più utile concentrarsi per un attimo sulla situazione del centro-sinistra, e in particolare, del suo partito più consistente elettoralmente, ovvero il Pd. Affrontando almeno due aspetti: la selezione della sua classe dirigente e del suo leader e la stesura di un programma davvero di sinistra alternativo e convincente. A questo punto però va fatta una premessa di carattere generale. E riguarda la questione che si pone : andare o meno, quanto più rapidamente, alle elezioni anticipate. Berlusconi e Bossi le sbandierano per impaurire i settori più moderati dell'opposizione, Di Pietro, Vendola e le sinistre più radicali le invocano per fare una sorta di pulizia generale affidata agli elettori. In mezzo a questi ci sta tutto un mondo, una sorta di palude, che vuole invece cercare il modo di evitarle o comunque di posticiparle per traghettare il paese verso le riforme, verso una ripresa economica e per far vivacchiare ancora per qualche tempo i propri parlamentari (diciamolo pure!). E in questa prospettiva i vertici del Pd, contando sulla imparzialità istituzionale della Presidenza della Repubblica, spinta per dovere costituzionale a sondare qualsiasi ipotesi fattibile prima di sciogliere le camere, hanno proposto la carica di una Presidenza del Consiglio di transizione o di "responsabilità nazionale", come si usa dire di recente, prima a Tremonti, poi a Casini, a Draghi, a Montezemolo, e chi più ne ha più ne metta. Andare a elezioni anticipate in questa situazione, senza aver modificato quantomeno la legge elettorale, appare un grande rischio, perché Berlusconi, puntando tutto sull'enorme disparità mediatica, potrebbe trasformare la campagna elettorale, come al solito, in un plebiscito a suo favore, e peraltro nell'ipotesi di tre grandi coalizioni (o anche di più), rischierebbe davvero di prendere tutto con un jolly (cioè a dire di nuovo il governo), per una manciata di voti a suo favore. Però è anche vero che non appare fattibile una nuova legge elettorale senza l'avallo di gruppi parlamentari consistenti numericamente come il Pdl e la Lega. Quindi l'idea di un governo tecnico per modificare la legge appare anch'essa poco percorribile. A questo punto rimarrebbe una soluzione più sbrigativa in termini temporali e probabilmente anche più chiara per gli elettori. Non è necessario infatti che si formi un governo tecnico per fare una nuova legge elettorale, ma basterebbe che un'opposizione unita e compatta, compresi i casiniani, i rutellini e ora anche i finiani, si mettesse d’accordo sulla proposta di un semplice disegno di legge, chiedendone la discussione parlamentare. In tal modo i berlusconiani e i bossiani sarebbero costretti ad opporsi in parlamento, si aprirebbe una crisi vera, la gente saprebbe finalmente come stanno le cose e chi si oppone davvero al cambiamento politico, e così si arriverebbe a una fase che potrebbe portare o alla formazione di un governo tecnico, però con un chiaro mandato, ovvero quello di modificare la legge elettorale (cosa molto più probabile tenuto conto della volontà della presidenza della repubblica) oppure al voto senza se e senza ma. In entrambi i casi però il ruolo che assumerebbe la posizione del Pd diventa di cruciale importanza. A prescindere, infatti, dalle due possibili soluzioni alternative, il Pd dovrebbe, a partire da oggi, cioè a dire da ferragosto, anziché bivaccare in spiaggia, pensando a possibili inciuci autunnali o, come amano tanto D'Alema e Casini, cioè a tessere nell'ombra dialogando con poteri più o meno forti, stabilire finalmente una linea coerente e chiara. La parola chiave è mobilitazione: andare a cercare le persone porta a porta, martellare su tutti i giornali, in rete, in tv (per quanto possibile), coinvolgere, chiamando a raccolta tutta quella gente (che è davvero tanta ormai) che ne ha le scatole piene di queste beghe del centro-destra e di questo modo di mal-governare sulla testa dei cittadini. Un grande partito come il Pd dovrebbe, per il patrimonio culturale e politico che ha ereditato, formulare un programma sintetico, chiaro e coerente di sinistra, e non pensare esclusivamente a garantirsi la rielezione dei propri dirigenti, eletti peraltro senza l'approvazione dei propri elettori ma dall'alto, in perfetto stile berlusconiano. Dovrebbe, in primis, mettere al centro della propria azione politica di contrasto e di alternativa inequivocabile a questo governo alcuni punti-chiave. In parte lo sta iniziando a fare, come sul tema della legalità (qui sollecitato dal gruppo di Repubblica e da alcuni magistrati avvertiti, pungolato poi da quello che è il cavallo di battaglia di Di Pietro). O come sul tema del lavoro, sollecitato soprattutto da Vendola. O ancora come sul tema del federalismo e della politica economica, spinto da Chiamparino. Tutte queste personalità insieme, cioè a dire Di Pietro, Vendola, Chiamparino, Bersani, rappresentano, ognuno nel suo modo specifico, più o meno condivisibile singolarmente, ma comunque delle risorse formidabili, da valorizzare imprescindibilmente attraverso le primarie. Come ha sostenuto intelligentemente Pasquino (studioso ed ex parlamentare della Sinistra indipendente tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, argomento che sto studiando in questi ultimi mesi) sarebbe auspicabile che il Pd utilizzasse le primarie non solo per scegliere il leader, ma anche per la selezione dei suoi candidati in parlamento (da indire in maniera selettiva e in casi particolari, per esempio quando secondo gli elettori un parlamentare ha fatto male il suo lavoro nel precedente mandato), abbandonando il metodo della scelta pilotata dai più importanti dirigenti e basata esclusivamente se non sulla parentela, quantomeno sulla simpatia, sul tempo della militanza (cioè a dire più francobolli hai attaccato da giovane per il partito più hai possibilità di farti candidare) , elementi che non sono certo garanzia di un gruppo parlamentare competente e adeguato (neppure organizzare centri studi, istituti culturali, campi estivi e fondazioni varie si è dimostrato, dalla storia del pds in poi, un metodo efficace di formazione della classe dirigente). Insomma un partito degno di questo nome dovrebbe comunicare con i propri elettori (reali, potenziali, quindi quelli che si sono astenuti, e anche con gli elettori delusi dell'avversario) attraverso la formulazione di un programma, la diversificazione delle idee e la loro promozione da parte dei diversi candidati, e poi attraverso il metodo conclusivo della scelta attraverso le primarie. Semplicemente questo e null'altro esso dovrebbe fare. Infine, qualcosa di più sul programma. A parte i già citati punti imprescindibili, cioè legalità, questione morale, lavoro e politica economica, occorrerebbe aggiungere almeno due ordini di problemi: beni comuni e diritti civili. Su questo terreno dovrebbe giocarsi la demarcazione forte rispetto al futuro centro-destra. Come ha sottolineato argutamente Rodotà (altro insigne studioso e anch'egli ex parlamentare della Sinistra indipendente), i beni comuni appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive, perchè patrimonio dell'umanità: acqua, energia, conoscenza (internet ma non solo). I diritti civili, quindi l'uguaglianza tra coppie sposate e di fatto, tra eterosessuali e omosessuali, il ricorso eventuale alla pillola abortiva, la fecondazione assistita, la possibilità di morire in certi casi limite secondo la propria volontà, etc. rappresentano elementi decisivi e cruciali in una società del futuro auspicabilmente più democratica. Il dibattito è aperto, si tratta semplicemente di iniziare a coinvolgere su queste problematiche, con il porta a porta, stanando la gente dal suo torpore a dal suo pessimismo, organizzando incontri e tavole rotonde, richiamando più persone possibile, in modo da sensibilizzarle, da renderle partecipi di scelte che determineranno le loro stesse sorti e soprattutto quelle dei propri figli. Diamoci dentro, dunque, e ritroviamoci al più presto, insieme, alle prossime battaglie di democrazia.
Buon ferragosto e buon proseguimento di estate a tutti.

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(Archivio personale)

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