Giambattista

Scirè

 

"Annale Sissco", n. IX, 2008

Il divorzio in Italia

di Sandro Bellassai

 L’autore. definisce le vicende relative alla questione del divorzio in Italia, fra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, «uno dei più importanti momenti di cesura nella storia dell’Italia repubblicana» (p. VII). La ricerca si concentra sulle relazioni fra le principali forze politiche, e in particolare fra DC e PCI, con una attenzione speciale ai variegati posizionamenti all’interno del mondo cattolico (e in ciò consiste la principale differenza di questo volume dalla precedente opera analoga di Diana De Vigili, La battaglia sul divorzio. Dalla Costituente al referendum, Milano, FrancoAngeli, 2000). Di qui muove naturalmente la scelta delle fonti, documenti d’archivio e stampa, principalmente riconducibili ai partiti e alle varie componenti della Chiesa cattolica, attraverso cui si restituisce – con un ordine strettamente cronologico – una cronaca spesso minuziosa della questione fra il 1965, anno della presentazione del progetto Fortuna, e il 1974, anno del referendum caparbiamente voluto, e clamorosamente perduto, dal fronte antidivorzista.

Nonostante l’a. riconosca ripetutamente il ruolo fondamentale svolto da soggetti come i movimenti femministi o i radicali, e ammetta l’importanza che in tali vicende rivestono i vasti mutamenti sociali e culturali di quegli anni, l’attenzione è quindi concentrata pressoché esclusivamente sulle posizioni, le contrapposizioni, le trattative – soprattutto – fra cattolici e comunisti. I quali proprio di fronte all’annunciato referendum, agli albori del decennio, iniziavano a tessere quel «dialogo» politico che avrebbe così profondamente segnato gli eventi degli anni successivi. È nota l’ambivalente posizione in proposito del PCI, «disposto a una trattativa che portasse al miglioramento della legge, per evitare al paese il rischio di una nuova e drammatica lacerazione tra laici e cattolici» (p. 100).

Emerge un quadro irriducibile a una contrapposizione secca fra divorzisti e antidivorzisti, ed è questo certamente uno dei meriti del volume; avrebbe tuttavia giovato una trattazione meno rapida di questioni che pure Scirè stesso definisce intimamente legate, o comunque strettamente contigue, alla posta in gioco nella battaglia sul divorzio. E che, infatti, giustamente non dimentica di citare in sede introduttiva: il conflitto fra morale conservatrice e processi

di modernizzazione, ad esempio, la discriminazione omofobica, o ancora – e non certo secondariamente – quello che l’a. definisce «l’annoso problema della condizione della donna» (p. 165). Ma si tratta di questioni in merito alle quali non è sempre possibile contare su ampie ricerche preesistenti, e ciò avrà pesato sulla necessità di limitare il recinto tematico della ricerca. È un testo che comunque, meritoriamente, traccia uno scenario indispensabile da conoscere per avviare successive ricerche in direzione dei tanti, e ancora sostanzialmente inesplorati, risvolti importantissimi che la questione del divorzio assume nella storia della società italiana di quegli anni.